Premetto che questo post è serio e forse anche un po’ pesante (!). Il mio grazie è rivolto a Margaret Mazzantini, perchè ancora una volta è riuscita a sorprendermi, a sconvolgermi, a farmi piangere e sorridere e riflettere e molto altro ancora. Il suo “non ti muovere” l’avevo consumato in 3 giorni, senza riuscire a fare o soltanto pensare ad altro, con la consapevolezza che, una volta divorata l’ultima pagina, mi sarebbe mancato per sempre. Venuto al mondo l’ho “affrontato” quest’estate, dopo quasi due anni dall’uscita del libro, perchè, dopo aver appreso l’argomento, avevo immaginato una storia straziante che, toccandomi nel vivo, non avrei saputo sopportare. Poi, quando mi sono sentita pronta, l’ho iniziato, ci sono entrata dentro con tutta me stessa, come un fatto inevitabile, con la fame di chi cerca delle risposte ad un interrogativo enigmatico come la maternità, la sperata, cercata e mai arrivata maternità, pur sapendo che non esistono. Non voglio elogiare la ricchezza di contenuto di questo romanzo, che è quasi scontata per un’identità narrativa del calibro della Mazzantini (compreso finale a super-sorpresa), ma vorrei solo – senza voler mettere in secondo piano il tema della guerra – dire grazie all’autrice, per avermi in fondo dato una qualche risposta che cercavo e per aver portato alla luce un tema così controverso e così poco noto come quello delle altre facce della (mancata) maternità.
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